drammaturgia originale di Livello 4
regia di Alessandro Sanmartin
con Marco Pasquale, Maria Perardi, Anna Peretto, Alessandro Sanmartin e Leonardo Zaupa
suoni e luci Angela Marangon 

 

Il teatro è il vaccino.
Un veleno controllato che ci iniettiamo per tentare di salvarci dalla morte.
Una terapia collettiva di rigenerazione, una metamorfosi rituale che ci permette di tornare nel mondo più forti, immuni perché più consapevoli. L'empatia e la coscienza civile sono gli anticorpi.
A questo servono i teatri aperti. È questa la cura di cui abbiamo disperato bisogno.

Ecco perché il nostro gruppo si chiama Livello 4: il grado di rischio biologico più alto, lo stadio in cui si ha a che fare con malattie per cui non esiste antidoto. E il contagio creativo è la nostra idea di comunità.
La condizione umana in questo ultimo secolo ha subito delle trasformazioni senza precedenti. Siamo diventati sciami digitali, una moltitudine di solitudini incapaci di azione, spettatori eterni sedati e controllati, facili consumatori, schiavi degli algoritmi. La società dello spettacolo si è tramutata nella società della performance, in cui noi siamo il prodotto, e continuiamo a venderci attraverso vetrine digitali che ci mettono in mostra, accettando solo la versione migliore di noi e confondendo l'idea che ci eravamo fatti di verità e identità. Siamo sempre “in scena”, degli spettatori-consumatori-protagonisti, definiti da follower e like; e mentre ci preoccupiamo di apparire, di avere un'opinione su tutto, di dimostrare che siamo parte di un'agorà virtuale cui abbiamo diritto per nascita, le grandi aziende della comunicazione usano i nostri dati per “migliorare la loro offerta”. I nostri “luoghi pubblici” diventano così delle versioni amplificate di noi e dei nostri bisogni, in cui sembra che tutto ci sia a portata di mano e rispecchi la nostra visione del mondo.
Ogni utente è ben presto portato a polarizzarsi, poiché il suo stile di vita e le sue opinioni siano catalogate, accomunate ad altre simili, amplificate, estremizzate, facendo completamente sparire dalle sue bacheche qualunque contraddittorio. E così scatta la seconda fase: tutto quello che si è represso, nascosto, somatizzato per apparire sempre più performativi esplode come un rigurgito e diventa ottusità, rabbia, estremismo politico, violenza. Ecco comparire le shitstorm, gli haters, i troll, i cyberbulli e tutto un mondo di commenti e di visioni senza remore, senza pudore, senza cultura.
Cosa stiamo diventando? Da qualche anno ormai si parla di una regolamentazione necessaria per internet, ma è molto difficile comprendere la portata dell'onda mentre vi siamo immersi. E la verità ha gia lasciato il posto alla post-verità. È già accaduto. Siamo già cambiati. È successo mentre accettavamo i cookies, e successo mentre guardavamo Black Mirror, è successo mentre compravamo Alexa su Amazon. Della nostra identità sono rimaste appena le due lettere iniziali.

 


“(...) In un prossimo futuro, gli algoritmi renderanno quasi impossibile alle persone osservare la realtà che le riguarda e costituisce. Saranno gli algoritmi a decidere per noi chi siamo e che cosa dovremmo sapere di noi stessi (...)”

21 lezioni per il XXI secolo, Y. N. Harari

 

 

Foto di Margherita Fantini.